Di cosa parleremo
Mentre in Occidente gli stati europei sono impegnati nella Grande Guerra, qualcosa inizia a muoversi nei meandri della Russia.
Il ritorno di Lenin in madrepatria segna l’inizio di una spinta rivoluzionaria in tutto il Paese, che culminerà con l’avvento del comunismo in Russia e l’instaurazione dell’URSS
Alla morte di Lenin, il modello politico russo, rivoluzionario ma fragile, fu definitivamente scosso dall’avvento del totalitarismo di Stalin e dalle numerose crisi economiche.
Nonostante la tragica situazione della sua popolazione, l’URSS si stava lentamente avviando a diventare una superpotenza.
Timeline
- 1861: viene abolita dallo Zar Alessandro II la servitù della gleba;
- 1905: Domenica di sangue di Pietrogrado; lo Zar Nicola II concede l’elezione diretta di un Parlamento, la Duma;
- Febbraio 1917: Insurrezione di Pietrogrado, che provocherà l’abdicazione dello Zar Nicola II; fine dell’epoca zarista, si instaura una Repubblica;
- Aprile 1917: Lenin torna in patria a Pietrogrado, dove esporrà tramite le sue Tesi la sua ideologia rivoluzionaria; si diffonde lo spirito bolscevico nel Paese;
- 24 Ottobre 1917: Rivoluzione d’Ottobre; colpo di Stato bolscevico, Lenin conquista il potere;
- Gennaio 1918: i bolscevichi sciolgono l’Assemblea Costituente, si instaura una dittatura proletaria;
- Marzo 1918: Pace di Brest-Litovsk, la Russia esce dalla Prima Guerra Mondiale; scoppia in parallelo una guerra civile tra l’Armata Rossa (bolscevichi) e l’Armata Bianca (anticomunisti);
- 1920: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Moldavia e Polonia dichiarano l’indipendenza dalla Russia;
- 1922: l’Armata Rossa vince la guerra civile, viene ufficialmente proclamata l’URSS, un regime autoritario sotto guida comunista;
- 1924: morte di Lenin; Stalin prende la guida del partito e si inizia a sbarazzare dei suoi oppositori, costringendo alla fuga anche l’intellettuale Trockij; iniziano le deportazioni nei gulag;
- 1927: violenta crisi economica russa, attuazione dei piani quinquennali per lo sviluppo dell’industria pesante; successo industriale ma pesanti conseguenze in campo agricolo;
- 1932: scoppio della Grande Carestia, milioni di persone muoiono di fame, altrettante sono costrette a stili di vita umilianti.
1. All’alba della Rivoluzione
L’impero russo nel XIX secolo
La Russia, rispetto alle potenze europee occidentali, si trovò in una posizione economicamente molto più arretrata nel corso dell’Ottocento, tanto da prevedere ancora l’ormai arcaico latifondismo.
Lo zar Alessandro II tentò di attuare diverse riforme per modernizzare l’economia russa, la più importante l’abolizione della servitù della gleba nel 1861, ma era chiaro che all’Impero russo servissero cambiamenti più sostanziali che un semplice divieto sulla carta. La decisione di abolire la servitù della gleba, infatti, non fece altro che aggravare la miseria dei contadini, avvantaggiando unicamente il ceto dei Kulaki, contadini benestanti che possedevano i terreni, liberi pertanto di disporne a piacimento.
Il modello politico russo era un totale regime autocratico zarista, in cui tuttavia erano presenti dei movimenti di opposizione, in particolar modo:
- i Cadetti, filodemocratici che chiedevano la costituzione di un Parlamento elettivo, seguendo il modello occidentale;
- il Partito socialrivoluzionario, che puntava a riformare e valorizzare il mondo contadino;
- il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, che sosteneva la rivoluzione borghese allo zarismo come la premessa del socialismo, a sua volta diviso in 2 correnti ideologiche: Menscevichi, di stampo riformista e guidati da Martov, e i Bolscevichi, rivoluzionari comandati da Lenin.
Nel corso di quegli anni si svilupparono 2 principali ideologie volte a sovvertire lo status quo russo: Populismo e Marxismo.
La corrente populista rifiutava totalmente il capitalismo e il processo di industrializzazione che attraversò l’Europa; per i populisti, la rivoluzione in Russia non necessitava della fase industriale di stampo liberale, ma bensì un cambiamento proveniente direttamente dal ceto contadino, utilizzando come mezzi di lotta l’alfabetizzazione e sensibilizzazione dei contadini.
Al contrario, il movimento marxista vide nell’industrializzazione capitalistica un’opportunità per lo sviluppo sociale nelle classi meno abbienti; allo stesso tempo, i marxisti sostenevano una Rivoluzione borghese democratico-liberale, che avrebbe fatto da apripista per la tanto desiderata rivoluzione socialista; i protagonisti non sarebbero stati i contadini, bensì il proletariato, guidato da una forte coscienza rivoluzionaria.
2. L’età delle rivoluzioni
La rivoluzione del 1905
Dopo la sconfitta russa nella guerra contro i giapponesi, numerosi moti di protesta si levarono in tutto il Paese, sfociando il 9 Gennaio 1905 nella Domenica di sangue di Pietrogrado (San Pietroburgo), dove le forze dell’ordine russe aprirono il fuoco contro i manifestanti, provocando almeno 130 morti e decine di feriti.
I Cadetti come forma di risposta si riunirono in un loro partito di stampo liberale, ottenendo numerosi consensi; lo Zar Nicola II, per reprimere i venti di protesta, non poté far altro che concedere l’elezione di un Parlamento, la Duma.
Le manifestazioni però non si fermarono: nell’Ottobre dello stesso anno venne proclamato a San Pietroburgo lo sciopero generale, e al contempo fu creato il primo soviet (consiglio) dei lavoratori, sotto la guida ideologica del menscevico Trockij, che puntava a rendere i Soviet un vero e proprio organo di governo, e non solo uno strumento di rivendicazioni.
La Rivoluzione di Febbraio
La Prima Guerra Mondiale stava logorando i russi sia al fronte (continue sconfitte e perdite territoriali), sia internamente; una dilagante carestia attraversò il Paese, causando scontri e le manifestazioni che persisterono nei mesi a venire, fino a culminare, il 23 Febbraio 1917, all’Insurrezione di Pietrogrado, ad opera della classe operaia e delle truppe della guarnigione.
Per evitare una guerra civile, lo zar Nicola II abdicò, ponendo la parola fine all’epoca zarista in Russia: dalle sue ceneri nacque la Repubblica.
Si formarono due centri di potere:
- il Governo provvisorio, guidato dal Principe L’vov e appoggiato dai borghesi,
- il Soviet di Pietrogrado, detto anche il “Consiglio dei deputati operai e soldati” di stampo populista e menscevico.
Nonostante le forti divergenze tra borghesi e socialisti, entrambi le parti furono allineate nella scelta di proseguire il conflitto; il Governo provvisorio necessitava della vittoria militare per rafforzare lo Stato e la borghesia, mentre il Soviet di Pietrogrado riteneva che un successo in guerra avrebbe reso più facile la rivoluzione.
La rivoluzione di Ottobre
Il 4 Aprile 1917 Lenin, fino ad allora in Svizzera, rimpatriò a Pietrogrado, dove successivamente espose la sua Tesi di Aprile, una serie di direttive riguardanti la guerra e la situazione politica in Russia.
Tra i suoi maggiori punti vi furono 4 idee fondamentali:
- la pace; la Russia doveva uscire al più presto dalla Guerra, giudicata come un conflitto attribuibile unicamente ai borghesi;
- tutto il potere in mano ai Soviet, in particolare il controllo dei mezzi di produzione e della terra, rifiutando categoricamente ogni collaborazione con il Governo provvisorio, di stampo borghese;
- i terreni dovevano essere equamente redistribuiti tra la classe contadina;
- la creazione di un’Internazionale comunista, che radunasse tutti i movimenti rivoluzionari in Europa sotto un’unica bandiera.
Il ritorno di Lenin alimentò gli animi bolscevichi, coinvolgendo una fetta importante della popolazione russa; il clima interno stava diventando sempre più instabile.
Nell’estate dello stesso anno, a seguito delle tensioni, Il generale Kornilov lanciò una marcia su Pietrogrado, con l’accusa che il Governo provvisorio avesse perso solidità nel guidare il Paese.
Il Presidente Kerenskij, grazie all’aiuto degli odiati bolscevichi, riuscì però a reprimere il colpo di Stato.
A seguito di tali eventi, i bolscevichi di Lenin riuscirono ad ottenere la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e Mosca: ora disponevano del potere sufficiente per rovesciare con la forza il governo provvisorio, giudicato una “Dittatura democratica”.
Il 24 Ottobre, Lenin avviò un colpo di Stato, che sarebbe passato alla storia come la Rivoluzione di Ottobre; la Guardia Rossa, l’armata paramilitare bolscevica, riuscì rapidamente ad occupare i punti chiave della città e a rovesciare il Governo della Repubblica: i bolscevichi avevano conquistato il potere.
3. La nascita dell’URSS
Vennero immediatamente promulgati due decreti dal Congresso dei soviet: il Decreto sulla pace, in cui si chiese alle potenze in guerra di porre fine al conflitto e di ratificare un armistizio entro 3 mesi; il Decreto sulla terra, in cui venne ufficialmente annunciata la volontà di abolire la proprietà privata confiscando tutti i possedimenti privati.
L’Esecutivo, il Consiglio dei commissari del popolo, composto solo dai bolscevichi di Lenin, avviò al contempo un processo di nazionalizzazione delle banche e delle imprese, assegnando il controllo delle industrie agli operai.
Questi atti dell’Esecutivo suscitarono ampie proteste tra i Menscevichi e i socialrivoluzionari di destra, che, come risposta, abbandonarono il Congresso dei Soviet, creando di fatto una nuova spaccatura interna al Paese.
L’Assemblea costituente
Il 12 Novembre 1917 si tennero le elezioni per la formazione dell’Assemblea Costituente, nelle quali i Socialrivoluzionari ottennero una vittoria schiacciante (58% dei seggi, rispetto al 25% conquistato dai Bolscevichi).
Questo rappresentò uno smacco non da poco per il movimento leninista, e la reazione fu immediata.
Il 18 Gennaio 1918 I bolscevichi sciolsero d’autorità l’appena nata assemblea, instaurando di fatto una “Dittatura proletaria”, lontana dalla tradizione socialista e democratica.
Venne totalmente ridimensionato il potere dei Soviet, che passò repentinamente sempre di più al partito bolscevico.
La Guerra Civile
Nella Primavera del 1918 i tedeschi minacciarono pericolosamente la sicurezza di Pietrogrado; la capitale russa venne quindi spostata a Mosca.
Da lì a breve, il 3 Marzo, venne firmata la Pace di Brest-Litovsk.
La situazione interna era tutt’altro che risolta: nel dicembre del 1917, alcuni generali russi decisero di ribellarsi al nuovo governo bolscevico diedero vita ad un movimento paramilitare anticomunista, chiamato Armata Bianca. Lo scontro con l’Armata Rossa fu solo questione di giorni, e nel 1918 scoppiò una cruenta guerra civile, che si protrasse per circa tre anni.
Al contempo, vari movimenti indipendentisti sfruttarono la guerra civile per rendersi autonomi dalla Russia; nel 1920 Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Moldavia e Polonia proclamarono infine l’indipendenza.
Nel 1922 la guerra civile volse al termine con la vittoria dell’Armata Rossa, al prezzo di ben 3 milioni di morti.
Nel Dicembre dello stesso anno venne annunciata la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), un regime comunista sempre più autoritario.
La deriva dittatoriale comunista era infatti stata causata dalla politica del Comunismo di Guerra, tenuta durante la guerra civile, che prevedeva la statalizzazione delle grandi e medie industrie, la Nazionalizzazione delle terre, la Soppressione del libero mercato e il Controllo statale sul commercio e sulla distribuzione. L’effetto più evidente di tali politiche, attuabili solamente con una rodata economia alle spalle, fu una violenta crisi economica, che suscitò scioperi in tutto il Paese.
4. Il consolidamento dell’Unione Sovietica
Il X Congresso e la NEP
La gravità della crisi a seguito del comunismo di guerra suscitò numerose critiche radicali, tanto da convincere i leader bolscevichi a limitarne l’utilizzo solo alla guerra civile.
Nel Marzo 1921, durante il X Congresso del Partito Comunista, venne approvata la Nuova Politica Economica (NEP), decretando la fine del comunismo di guerra.
La NEP prevedeva, tra le altre cose:
- la concessione di un permesso ai contadini di coltivare la terra per necessità e di vendere le eccedenze, anche se parte del raccolto era vincolato ad essere destinato allo Stato;
- la legalizzazione del commercio spicciolo;
- il controllo statale su tutte le fabbriche con più di 20 dipendenti;
- un sistema di produzione misto (statale e privato).
I risultati iniziali furono fallimentari: il Paese fu invaso da una violenta carestia, che provocò almeno 3 milioni di morti.
Nel 1922 cominciarono a sentirsi i primi effetti; le condizioni dei contadini migliorarono e la produzione agricola aumentò, decretando l’uscita del Paese dalla crisi.
Il partito unico: lo Stato totalitario
Durante il X Congresso venne anche proibito il frazionismo, ossia le spaccature interne ai partiti. Questa mossa consentì al PCUS di rimanere compatto e senza contrasti interni, sfruttando il principio del centralismo democratico, secondo cui non si può dissentire delle decisioni prese dal partito.
In breve tempo la Russia passò dalla dittatura del proletariato, alla dittatura di partito, alla dittatura di pochi bolscevichi, sancendo lo sfociamento definitivo del modello russo in uno Stato totalitario.
5. L’avvento dello stalinismo
Stalin vs Trockij
Ne 1924 avvenne la dipartita di Lenin, leader indiscusso del movimento bolscevica; onde evitare una crisi interna, era fondamentale trovare una degna figura che avrebbe ereditato il suo compito.
Emersero 2 principali candidati: l’intellettuale Trockij e Iosif Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin, “l’uomo d’acciaio”, definito però al contempo da Lenin come “un’emerita mediocrità”.
I punti di contrasto fra i 2 contendenti furono numerosi, a cominciare dalla gestione del partito: Trockij infatti denunciava la centralizzazione e la deriva autoritaria del PCUS; l’intellettuale russo inoltre criticava la NEP, ritenendo che favorisse contadini e commercianti e non la classe operaia, fulcro del movimento rivoluzionario. Stalin, al contrario, aveva intenzione di proseguire la linea totalitaria.
Inoltre, Trockij sosteneva l’ideale di “rivoluzione permanente”, che prevedeva una rivoluzione comunista in tutto l’Occidente; Stalin invece supportava la linea del “socialismo in un solo Paese”, che avrebbe poi fatto da “quartier generale” per l’allargamento della sfera d’influenza comunista nel resto del mondo.
Nel confronto fu Stalin però a partire nettamente avvantaggiato, ricoprendo la carica di segretario generale del PCUS dal 1922; in quanto ciò, poté controllare la nomenclatura del partito, arrivando a cacciare Trockij da PCUS e costringendolo all’esilio. L’URSS ebbe una nuova guida che avrebbe segnato la storia russa per i decenni a venire.
L’URSS di Stalin
Nel 1927 si verificò la peggior crisi economica russa del Novecento: i raccolti del grano furono totalmente insufficienti, mettendo in serio pericolo, oltre che le esportazioni, anche la sussistenza della popolazione russa.
Di fronte al tracollo del settore agricolo, venne deciso dal Governo di puntare sull’industrializzazione forzata del Paese, attraverso piani quinquennali per l’industria pesante.
I risultati furono incredibili: nel quinquennio 1928/32 la grande industria russa crebbe del 40%, e nel quinquennio successivo raggiunse l’impressionante tasso di crescita del 121%.
Tale successo non fu attribuibile tanto a riforme o innovazioni tecnologiche, quanto più alla mobilitazione di massa in ambito lavorativo del popolo russo (ideologia dello stachanovismo); inoltre, per perseguire l’industrializzazione forzata, l’agricoltura fu piegata alle necessità dell’industria. Lo Stato finì per confiscare tutte le terre possedute dai Kulaki, “eliminandoli” definitivamente come ceto sociale.
I terreni confiscati furono convertiti in 2 tipologie di possedimento:
- i Kolchozy, imprese agricole in cui era prevista la collettivizzazione forzata della terra;
- i Sovchozy, aziende contadine alle dipendenze totali dello Stato.
Tuttavia, tali misure furono insufficienti di fronte alle evidenti debolezze del settore agricolo, reso tremendamente esposto dall’immenso trasferimento di risorse verso il settore industriale.
L’industria stava sì crescendo a ritmi record, ma una nuova grave crisi si abbatté sull’economia russa: nel 1932 scoppiò la Grande Carestia, che provocò fame, disordini, e la morte di milioni di cittadini, specialmente di etnia ucraina.
Il regime del terrore
Negli stessi anni la figura di Stalin divenne sempre più predominante e centralistica nella politica russa, fino ad assumere una vera e propria connotazione dittatoriale, stimolando l’ideologia totalitarista del “Culto del Capo”.
La persecuzione di Stalin verso i nemici politici si fece particolarmente feroce, colpendo tutti coloro che il leader sovietico riteneva “infedeli”, compresi ex compagni di partito ed oltre 180 generali dell’Armata Rossa.
Costoro, insieme a moltissimi intellettuali, artisti e semplici cittadini, vennero eliminati o deportati nei gulag (“Campi di lavoro correttivi”) in Siberia, nell’estremo Oriente russo, dopo finti processi organizzati ad hoc con torture fisiche e psicologiche, allo scopo di far confessare colpe mai commesse agli imputati (Stalin fu indubbiamente una figura ispiratrice per il romanzo distopico “1984” di George Orwell).
Nei gulag trovarono la morte milioni di persone.
L’ideologia rivoluzionaria di stampo socialista che Lenin incarnava era ormai pressoché sepolta, sostituita da una degenerazione ideologica puramente dittatoriale; le conseguenze per la Russia e per il mondo sarebbero state (e lo sono ancora oggigiorno) devastanti.