1. La vita
Publio Papinio Stazio nacque a Napoli fra il 40 e il 50 d.C., figlio di un maestro di scuola, che in seguito si trasferì a Roma. Da giovane si cimentò in recitazioni pubbliche e gare poetiche, riscuotendo un notevole successo e guadagnandosi la protezione dell’imperatore Domiziano. Rientrato a Napoli, morì poco prima dell’imperatore, forse nel 96.
Stazio è autore di due poemi epici in esametri, la Thèbais («Tebaide»), composto da dodici libri (per oltre 10.000 versi), pubblicato nel 92, e l’Achillèis («Achilleide»), incompiuto (rimane solo il libro I e l’inizio del libro II). Non ci è giunto invece, in quanto perduto, un poema storico sulle gesta di Domiziano, il De bello Germanico.
Stazio spazia anche al di fuori del genere epico: lui, infatti, è un letterato di professione e scrive versi su commissione. Queste composizioni occasionali sono raccolte nelle Silvae, cinque libri di versi in metri vari, editi gradualmente a partire dal 92 d.C.
2. La poesia epica e la poesia lirica
Se Lucano aveva trattato il tema delle guerre civili, Stazio sceglie le “battaglie tra fratelli” (tema della Tebaide), parlando del conflitto che oppone Eteocle a Polinice, entrambi figli di Edipo. Si tratta di dodici libri che pongono al centro un tema mitologico, dotato di un complesso apparato divino. Se l’epilogo ci parla dichiaratamente di un modello da ricondurre all’Eneide, che Stazio dovrà “seguire a distanza”, il contenuto rende la Tebaide più vicina al Bellum civile di Lucano. Possiamo dire che Stazio prenda da Virgilio solo l’apparato divino dell’opera, ma è il tema negativo a prevalere e che avvicina maggiormente Stazio a Lucano. L’autore, inoltre, concede molto poco alle sfumature psicologiche: Eteocle è il tipo assoluto del tiranno, Tideo è l’incarnazione dell’ira, così come sono schematici anche i personaggi positivi.
Il secondo poema epico è l’Achilleide, il cui giudizio è difficile perché il testo che abbiamo tratta solo delle vicende del giovane...