3. L’età della Seconda Rivoluzione Industriale e l’avvento della “Belle Epoque”

Di cosa parleremo

Fine Ottocento, siamo in piena Belle Époque, e in Europa il grande sviluppo tecnico-scientifico fu accompagnato da un sentimento di fiducioso ottimismo verso il futuro. Si diffondeva, fra gli europei benestanti, la voglia di vivere e di divertirsi. 

Ma non tutti reagiscono con entusiasmo a questo periodo “positivo”: la crescente ondata di patriottismo ormai sfociato in odio nazionalista e il delineamento di 2 blocchi europei contrapposti suscitarono non poca preoccupazione.

Nella realtà, le ombre che si addensavano sull’Europa e sul mondo erano molto più inquietanti e gravi di quanto si potesse prevedere. 

Timeline

  • 1859Darwin pubblica “L’evoluzione delle specie”, le cui tesi saranno applicate nelle ideologie sociali di Fine Ottocento;
  • 1861: nascita della Confederazione sudista negli Stati Uniti, scoppia la Guerra di Secessione;
  • 1865: i nordisti vincono la guerra civile americana e restaurano la Federazione di Stati; viene abolita la schiavitù;
  • 1870: insurrezione a Parigi e proclamazione della Comune, governo autoproclamato della capitale francese;
  • 1871Guglielmo di Prussia viene incoronato Kaiser dell’Impero tedesco;
  • 1871: caduta della Comune di Parigi, oltre 30.000 cittadini perdono la vita negli scontri;
  • 1896Guglielmo Marconi inventa la radio;
  • 1905Einstein espone la Teoria della Relatività, stravolgendo la fisica classica;
  • 1912: viene introdotto in Italia il suffragio universale maschile.

1. Tra crisi e progresso: una nuova rivoluzione industriale

Nel 1873 ebbe inizio in Europa un periodo di crisi denominato “Grande Depressione”, che provocò una forte stagnazione economica a causa della sovrapproduzione delle materie prime (la domanda non teneva il ritmo crescente dell’offerta, stimolata dalla continua innovazione dei processi) e dell’ondata protezionistica che colpì i principali Paesi europei, sempre più attraversati da ideologie nazionalistiche ed imperialistiche.

La risposta di molti cittadini, in particolare tra i ceti più poveri e nella popolazione contadina, fu l’emigrazione di massa: tra il 1870 e il 1900 21 milioni di Europei abbandonarono il continente, diretti soprattutto verso gli Stati Uniti (Ellis Island, atollo semi artificiale del porto di New York, divenne il simbolo della ricerca di libertà e delle nuove opportunità), ma anche verso altri territori transoceanici, come il Canada, l’America Latina, il Sudafrica, spingendosi addirittura in Australia e Nuova Zelanda.

Nonostante la delicata fase che caratterizzava l’Europa, lo sviluppo industriale non vide rallentamenti all’orizzonte, anzi fu proprio in quegli anni che ebbe inizio una nuova fase di espansione economica che prese il nome di Seconda Rivoluzione Industriale.

Nacque un legame stretto tra tecnologia, industria e ricerca scientifica, che portò a numerose rivoluzioni tecnologiche e di concezione del sapere, in particolare nei settori delle comunicazioni, dei trasporti e dell’energia, in procinto di diventare il settore trainante dell’economia americana ed europea; crebbero le dimensioni delle aziende (ricerca di economie di scala: fenomeno in cui maggiori sono i volumi di produzione e più bassi sono i costi di produzione per unità di prodotto) e aumentarono i fenomeni di concentrazione tra aziende, che si trovarono quindi sottoposte a necessità finanziarie molto più ingenti rispetto ai decenni precedenti; cambiarono quindi le relazioni finanziarie con gli istituti di credito (banche), che iniziarono a concedere maggiori prestiti e ad immettere flussi crescenti di capitale nel mercato, stimolando lo sviluppo del settore finanziario.

Come effetto, a fine Ottocento lo sviluppo produttivo riprese ad un ritmo talmente frenetico che la produzione manifatturiera mondiale aumentò del 378% tra il 1875 e il 1913. 

Va precisato che la Seconda Rivoluzione Industriale non fu caratterizzata dalla sola innovazione tecnologica, ma bensì dall’affermarsi in forma generale di un nuovo modello di rapporti sociali e di fattori di produzione, che avrebbero caratterizzato non solo l’Inghilterra ma anche il resto d’Europa e l’America per i decenni a venire: era nato ufficialmente il capitalismo moderno.

Nuove scoperte e confini sempre più vasti

Per la prima volta nella storia umana il mondo sembrava essere sempre più a portata di mano; nonostante le campagne esplorative e coloniali fossero ancora in prosecuzione (soprattutto in Africa e Asia) le recenti scoperte scientifiche crearono i presupposti per la Prima Globalizzazione: gli uomini iniziarono a creare collegamenti e legami su scala globale.

Ciò si deve soprattutto alla scoperta delle nuove invenzioni nel settore delle telecomunicazioni, che aprirono di fatto ad una nuova era.

Si affermò la trasmissione di informazioni via cavo per mezzo prima del telegrafo e poi del telefono.

L’invenzione più importante del settore giunse però solo a fine secolo: dopo che nel 1887 fu provata da Heinrich Hertz l’esistenza delle onde elettromagnetiche, lo scienziato italiano Guglielmo Marconipensò di sfruttare tale fenomeno per la trasmissione su scala globale senza l’ausilio di fili elettrici.

Tra lo scetticismo generale e dopo numerosi fallimenti, nel 1896 l’esperimento di Marconi ebbe successo: nacque ufficialmente la radio, probabilmente l’invenzione che ebbe l’impatto più stravolgente sulla società del Novecento.

Altri settori furono attraversati da un’ondata di sviluppo e di nuovi radicali modelli di produzione e consumo.

Il mercato energetico venne completamente stravolto; energia elettrica e petrolio si diffusero rapidamente su larga scala, modificando in maniera radicale stili di consumo, tecniche di produzione e fonti di approvvigionamento fino ai giorni nostri.

La Seconda Rivoluzione Industriale non fu caratterizzata solamente dallo stravolgimento di vari settori industriali; l’importanza di tale movimento fu dovuta anche, se non soprattutto, alla nascita di mercati totalmente nuovi, che seguirono le numerose opportunità che le recenti scoperte scientifiche avevano innescato.

Tra questi il più innovativo fu senz’altro il settore chimico, caratterizzato dalla (ai tempi) sorprendente capacità di creare risorse artificialmente in laboratorio anziché reperirle in natura, con volumi di produzione pressoché illimitati. 

Ben presto i prodotti chimici invasero i più svariati campi dell’attività umana, in particolar modo l’agricoltura (mercato dei fertilizzanti), l’industria bellica (nitroglicerina e dinamite) e la nascente industria plastica.

Anche i settori medico e chirurgico furono colpiti positivamente dai progressi nel campo della chimica: la creazione di nuovi medicinali e anestetici abbassò drasticamente i rischi dovuti agli interventi chirurgici, oltre che a rendere curabili svariate malattie; in particolare, probabilmente la rivoluzione più importante di quegli anni nel settore medico fu la tecnica della vaccinazione, che aprì la strada alla cura di molte malattie infettive.

Tra le altre scoperte storiche, meritano menzione i raggi X (1895), l’esistenza della radioattività (1896) e la Teoria della Relatività di Einstein (1905) che demoliva di fatto le basi stesse della fisica classica fondata sulle leggi di Newton, aprendo le porte per una nuova radicale disciplina: la fisica quantistica.

2. Il dualismo franco-tedesco e una nuova grande potenza

La Comune di Parigi

Nel 1870 la Francia uscì alquanto malconcia dalla guerra franco-prussiana, sconfitta sul campo e priva di grandi leader politici, sociali ed economici. 

La resa di Napoleone III contro le truppe prussiane segnò una profonda spaccatura tra il governo e la popolazione parigina, colpita duramente dalle conseguenze della guerra, soprattutto dalla mancanza di beni di prima necessità e al peggioramento delle condizioni di vita.

Il risentimento per questa profonda condizione di diseguaglianza economica e sociale causò una forte ribellione in tutta Parigi, portando addirittura alla presa ed occupazione della Capitale, il 4 settembre 1870.

Alle elezioni che vi seguirono, il risultato portò alla formazione di uno stato governativo vero e proprio: fu fondata la Comune di Parigi, caratterizzata da una forte impronta democratico-socialista.

Il modello politico su cui la Comune si fondava sulla concezione dello Stato a tutela diretta dei suoi cittadini, assicurando servizi di base gratuiti e assistenza diretta alle categorie meno abbienti.

Tra le varie riforme si possono menzionare i sussidi pensionistici per vedove e orfani di guerra, la libertà di stampa, pensiero e associazione, l’adeguamento dei salari dei funzionari pubblici e dei membri del Consiglio al medesimo livello di quelli della classe operaia e la laicità dello Stato, separandolo a tutti gli effetti dalla Chiesa; la Comune fu, in aggiunta, uno dei principali focolai dei movimenti femministi di fine Ottocento, a tal punto che molte donne parteciparono attivamente agli scontri di Parigi.

In un contesto apparentemente ottimista, l’esperienza della Comune si scontrò con la realtà dei fatti.

A partire dal 2 aprile 1871 il partito politico precedentemente al potere, sostenuto dal cancelliere Bismark, diede vita ad una forza contro-rivoluzionaria da Versailles, ricostruì un nuovo esercito e pianificò la presa di Parigi. 

Gli attacchi verso la Comune di Parigi continuarono per giorni con incessante prepotenza, culminando il 21 maggio con la presa della città, nonostante la strenua difesa dei suoi abitanti.

Gli ultimi baluardi di resistenza interna furono stroncati nell’ultima settimana di maggio, con l’uccisione di circa 30.000 parigini e migliaia di deportazioni.

Il precedente Governo si reinsediò nella capitale, e dopo la Rivoluzione del 1789, anche l’esperienza della Comune di Parigi tramontò col sangue dei suoi abitanti.

La nascita dell’Impero tedesco

Nel frattempo, Il 18 gennaio 1871 i principati tedeschi vittoriosi nella guerra franco-prussiana si erano riuniti a Versailles per stipulare l’unificazione della Germania, evento che culminò con la proclamazione di Guglielmo di Prussia ad imperatore di Germania (kaiser). 

Il nuovo Impero germanico si caratterizzava per un modello di Stato incentrato sulla potenza militare (militarismo), fortemente accentrato e con molti poteri nelle mani di pochi abili capi di Stato.

In particolare, il cancelliere ed ex primo ministro prussiano Otto von Bismarck divenne la principale figura di riferimento nel Reich; figura tanto carismatica e competente quanto autoritaria, godette di numerosi poteri, uno su tutti la completa esenzione dall’obbligo di presentare dimissioni dalla carica di cancelliere, a meno di un ordine diretto del Kaiser. 

Un nuovo Impero prese il posto di una storica Confederazione di Stati frammentati, modificando sensibilmente gli equilibri europei; il Reich tedesco ambiva infatti a diventare la prima potenza continentale, ma l’Impero russo e il Regno Unito mal digerivano tali progetti; i primi segnali di 2 blocchi contrapposti pronti a contendersi il primato in Europa erano sempre più evidenti.

L’avvento degli Stati Uniti

Gli equilibri geopolitici non mutarono unicamente nel Vecchio Continente; dopo un secolo d’indipendenza, gli Stati Uniti d’America erano ormai una realtà consolidata nel continente, sebbene la loro economia non fosse inizialmente paragonabile a quella delle grandi potenze europee.

Solo le grandi città della East Coast presentavano delle solide realtà industriali, mentre le aree centrali della Federazione e i lontani territori del Far West erano ancora caratterizzati da una struttura economica fondata prevalentemente su agricoltura e allevamento. 

A fine Ottocento però il contesto mutò: l’espansione coloniale stava lentamente giungendo al termine (nel 1890 l’Ufficio Statistiche statunitense annunciò la fine della frontiera), e gli interessi degli americani iniziarono a spostarsi dalla ricerca di opportunità in terre lontane al consolidamento di quanto già posseduto, trasformandosi, tra il 1870 e il 1900, in una vera potenza industriale.

Il passaggio non fu però graduale: il contesto politico americano a metà Ottocento fu stravolto da una sanguinosa guerra civile fra gli Stati del Nord e quelli del Sud, divisi da sostanziali differenze economiche, sociali e culturali.

Se gli Stati del Nord ebbero una caratura essenzialmente industriali, quelli del Sud erano dipendenti dall’agricoltura e dalla coltivazione di cotone, settori nei quali era più che fondamentale disporre di ingenti quantità di manodopera.

Forti contrasti fra le 2 aree del Paese iniziarono nel 1860, quando fu eletto presidente Abraham Lincoln, contrario all’estensione della schiavitù nei territori dell’Ovest e forte sostenitore della sua abolizione; una condizione che il Sud, fortemente dipendente dal ricorso alla schiavitù per le sue attività produttive, non poteva accettare.

Nel Febbraio del 1861 undici Stati del Sud decisero di staccarsi dall’Unione e proclamarono la nascita degli Stati Confederali, una confederazione autonoma con un proprio presidente e un proprio governo. Questa decisione segnò l’inizio della Guerra di Secessione Americana, che durò cinque anni e costò oltre mezzo milione di vite umane.

Nel corso del conflitto le armate sudiste, guidate dal generale Robert Lee, opposero una straordinaria resistenza ottenendo importanti vittorie all’inizio della guerra, ma la predominanza nordista, forte della supremazia industriale nel Continente, finì inevitabilmente per prevalere. 

Nel 1863 Lincoln proclamò la liberazione degli schiavi negli Stati secessionisti (a cui seguirà, nel 1865, l’abolizione della schiavitù); nello stesso anno, i sudisti subirono una pesantissima sconfitta a Gettysburg: l’avanzata dei nordisti era diventata impossibile da arrestare.

La Confederazione tentò un’ultima debole resistenza, ma la vittoria degli Stati del Nord era ormai prossima: la resa definitiva giunse il 9 aprile 1865 ad Appotomax, con la totale sconfitta degli Stati del Sud e la riannessione dei territori secessionisti nella Federazione.

Questa guerra e la scomparsa della schiavitù posero le premesse per una rifondazione della nazione americana sulla base della supremazia industriale del Nord e del rafforzamento del Governo federale, fattori chiave che resero gli Stati Uniti d’America la vera potenza nascente dell’Ottocento.

3. I progressi della democrazia e l’ascesa del nazionalismo

All’alba del Novecento il modello assolutistico che caratterizzò le monarchie europee nei secoli precedenti era definitivamente scomparso.

Iniziò a diffondersi rapidamente una nuova concezione di Stato: il Welfare State, modello fondato sui principi liberali di assistenza al cittadino, di garanzia dei servizi essenziali, in particolar modo sanità e istruzione, e di uno stile di vita fondato sul benessere.

Tali cambiamenti estesero i loro effetti anche sul fronte sociale: tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento il suffragio universale maschile era stato introdotto in larga parte degli Stati europei, negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda, e nel 1912 venne introdotto anche in Italia.

Le donne, escluse dal voto, iniziarono a lottare per ottenere la parità dei diritti con gli uomini: movimenti femministi sorsero fin dalla seconda metà del XIX secolo, il più famoso quello delle suffragette, donne militanti che dal 1903 lottarono, con comizi e manifestazioni pubbliche, in tutto il Regno Unito per ottenere il diritto di voto, che nel 1918 verrà finalmente concesso.

Il movimento femminista ebbe un grande successo, non solo nel Regno Unito,, ma anche in quasi tutti i paesi d’Europa e persino negli Stati Uniti, dove le donne riuscirono ad eguagliare l’uomo in vari campi e ad ottenere persino il diritto di voto.

L’evoluzione della politica

Negli Stati Uniti, fin dalla metà dell’Ottocento, il sistema politico era basato sul bipartitismo: due grandi partiti, il repubblicano e il democratico, hanno il sostanziale “monopolio” della scena politica statunitense, battendosi ad ogni tornata elettorale per ottenere la maggioranza nelle Camere e per eleggere il proprio candidato a Presidente. 

Tale sistema elettorale rimase limitato unicamente agli USA, mentre nella maggior parte degli Stati del mondo nacque il fenomeno opposto, il multipartitismo, dovuto all’allargamento del diritto di voto, che permise a diversi ceti della popolazione la possibilità di essere rappresentati in Parlamento, ciascuno con le proprie ideologie e posizioni, di destra, di sinistra e di centro.

Se da un lato questo modello esprime in maniera efficace il concetto di democrazia rappresentativa, dove i politici rispecchiano in misura allineata le ideologie dei loro elettori, dall’altra un sistema pluripartitico rende le maggioranze e i governi molto più instabili, rischiando di non dare corretta continuità all’attività politica del Paese (la Repubblica italiana ha avuto 68 governi in 74 anni) e limitando la possibilità di attuare riforme di lungo termine essenziali per lo sviluppo del paese.

Negli stessi anni nacque come ideologia politica il darwinismo sociale, che, applicando le teorie biologiche di Charles Darwin (autore de “L’origine delle specie”, 1859) nei contesti sociali, portarono alla convinzione che le disuguaglianze sociali erano naturali e inevitabili. 

La superiorità della razza bianca fu considerata una verità scientificamente dimostrata, aggravando ulteriormente un’ideologia nazionalistica sempre più estrema, ma al contempo sempre più diffusa nel territorio europeo.

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