3. John Dewy e l’attivismo americano

1. John Dewy e l’attivismo americano

John Dewey (1859 – 1952) è una figura emblematica del Novecento, in ambito psicologico, sociologico, religioso, artistico e politico. Egli è originario del Vermont e studia filosofia alla Johns Hopkins University di Baltimora, dove è fortemente influenzato dalle ideologie kantiane. In seguito diventa professore presso l’Università di Chicago, presso la quale svolge una prima sperimentazione pedagogico-didattica che si rivela fondamentale per la nascita dell’interesse verso l’educazione (allo sviluppo di questo interesse contribuiscono anche le nascite dei suoi sei figli). La Columbia University di New York è l’università a cui rimane legato più a lungo durante la sua vita, e vi insegna filosofia e pedagogia fino al 1929. Dewey è quindi un accademico a tutto tondo che ha influenzato profondamente l’America ed il suo sistema educativo.

Nel corso della sua formazione molto presto entra a contatto con la psicologia sperimentale dell’infanzia e dell’adolescenza: negli Stati Uniti i padri di questa disciplina sono:

  • Stanley Hall, forte sostenitore dell’educazione come elaborazione delle esperienze. Secondo lo psicologo il comportamento dei bambini ripercorre le tappe dell’evoluzione dell’umanità;
    William James e Charles Peirce, fondatori del pragmatismo filosofico americano: essi sostengono come tesi centrale che il significato sia non nelle parole ma nelle azioni (da loro definite “abiti”), ovvero i significati sono inscindibili dalla pratica. Lo stesso Dewey diventa poi uno dei maggiori esponenti di questa corrente di pensiero; egli si concentra più sul futuro che sul passato ed asserisce che le teorie e le idee sono i mezzi che gli individui hanno a disposizione per agire in un determinato ambiente.

Dewey sviluppa un’interpretazione funzionale della conoscenza, che è un continuo tentativo di risolvere i problemi che l’ambiente e le società pongono all’individuo. Questa corrente di pensiero viene definita “strumentalismo” ed è alla base della pedagogia di Dewey. Egli quindi sottolinea la relazione inscindibile tra la vita della persona e la sua educazione: la conoscenza e l’interazione con il mondo sono coincidenti. Di conseguenza, la vita è considerata come un processo di apprendimento continuo grazie all’interazione con l’ambiente, e allo stesso modo è impensabile insegnare qualcosa di diverso dalle esigenze poste dal contesto in cui si vive. Da questa concezione deriva la necessità di ripensare la formazione dei ragazzi nelle scuole. 

  • Innanzitutto va modificato lo stile di insegnamento tradizionale che prevede una memorizzazione compartimentalizzata delle nozioni, molto spesso non analizzate in modo olistico ma a compartimenti stagni. Tuttavia, la vita deve essere affrontata applicando le conoscenze pregresse in modo armonico;
  • inoltre è impossibile trasmettere conoscenze non riconducibili all’esperienza di vita dell’individuo, perchè queste non suscitano interesse e quindi nemmeno partecipazione degli studenti.

Il pedagogista è un sostenitore convinto del fatto che azione e teoria siano due facce della stessa medaglia ed effettivamente oltre a scrivere delle opere in cui fa luce su questa ideologia fonda una scuola elementare dove si utilizza il suo metodo innovativo e partecipa attivamente alla vita politica. Sulla base di questi concetti Dewey imposta la sua scuola sperimentale, la Laboratory School di Chicago (conosciuta anche come “Dewey school”).

Tra le varie attività proposte dalla scuola, alcuni tra gli esempi più degni di nota sono le introduzioni a varie materie pratiche come falegnameria, filatura delle fibre tessili e cucina. Tutte queste attività permettono di avere una migliore conoscenza dei materiali e delle strumentazioni e alla possibilità di ampliare la propria cultura in vari ambiti, chiarendo l’ideale di Dewey che può essere riassunto con la formula “learning by doing”. Queste attività hanno lo scopo di introdurre gli scolari in modo attivo nella formazione, stimolandone la curiosità. Come sostenuto da Hall, il metodo ha lo scopo di aiutare i ragazzi a scoprire queste conoscenze ripercorrendo il percorso effettuato anche dallo stesso genere umano.

I bambini della scuola sono suddivisi in fasce d’età, che sono schematizzabili come:

  • fase dai quattro agli otto anni: prevalenza di istinti, che si esplicano tramite il gioco e le attività ludiche;
  • fase dagli otto ai dodici anni: il bambino frequenta la scuola primaria ed acquisisce le conoscenze di base che permettono di entrare a contatto con la società;
  • fase dai dodici ai quattordici anni: l’alunno amplia il proprio bagaglio personale attraverso lo studio approfondito.

Durante la sua vita sviluppa uno spiccato interesse per la relazione tra vita sociale ed educazione; diffonde le sue ideologie tramite varie conferenze che tiene in tutto il mondo e la formazione di associazioni professionali di insegnanti.
Dewey fa parte degli attivisti del suo tempo, che rientrano appunto nella corrente di pensiero definita “attivismo pedagogico”. Tra i capisaldi di questi ideologia si hanno:

  • il puerocentrismo, teoria per cui è possibile apprendere solo ciò che è già stato vissuto direttamente tramite l’esperienza personale. Attraverso l’esperienza il bambino può partecipare alla coscienza sociale della popolazione ed essere formato. A proposito dell’esperienza, Dewey critica apertamente l’empirismo classico, che sostiene che l’esperienza non sia altro che una successione di dati sensoriali; critica anche la psicologia sperimentale, sostenendo che l’esperienza non possa essere distinta in momenti differenti che si susseguono;
  • la figura dell’insegnante, che risulta fondamentale per evitare che tutto il peso dell’educazione ricada sul bambino; la formazione dev’essere trasmessa a livello intergenerazionale proprio attraverso l’educatore, ovvero una figura appositamente istruita per guidare lo scolaro nel suo percorso, attraverso un’istituzione sociale che si occupi di mantenere dei buoni livelli di educazione, ovvero la scuola. Quello dell’insegnante diventa quindi un ruolo indispensabile per sostenere il bambino nelle sue esperienze con l’ambiente esterno; il bambino aspirerà ad assomigliare all’insegnante, visto come il modello di processo educativo di successo.

La scuola fornisce un modello semplificato della struttura sociale, che viene affrontata per gradi in modo tale da preparare i fanciulli a comprendere la vita adulta: lo scopo del metodo sarebbe quello di maturare capacità e conoscenze necessarie ad affrontare i passi successivi. Detto con le parole di Dewey: “L’educazione è un processo di vita e non una preparazione a un vivere futuro” (“Il mio credo pedagogico”, 1897).

É importante sottolineare come l’aspetto sociale sia preponderante nel pensiero di Dewey: la scuola è l’istituzione a cui la società si affida per la formazione dei nuovi membri della popolazione, ovvero i bambini, secondo la trasmissione dei valori etici e sociali condivisi dai vari membri della società. D’altro canto non avrebbe senso l’esperienza scolastica senza l’esperienza nel mondo esterno, infatti ambiente ed esperienza si modificano a vicenda. Quindi risulta fondamentale che i bambini partecipino a progetti collettivi, dove possono apprendere e acquisire nuove conoscenze, le quali appunto corrispondono all’educazione stessa. Il contatto con altre persone è insostituibile per confrontare le proprie idee ed il proprio bagaglio culturale, perché permette di arricchirsi tramite i risultati altrui e permette di modificare le proprie convinzioni in seguito all’esperienza dell’altro, imparando ad esempio a svolgere attività che determinino risultati superiori rispetto a quelli che si otterrebbero agendo individualmente.

A causa della dimensione sociale preponderante l’ideologia di Dewey può essere definita come “educazione progressiva”: questo aggettivo indica le distanze prese dalla scuola tradizionale che erano fino ad allora il modello di scuola preponderante, ma anche lo scopo di questo metodo, ovvero il progressivo sviluppo etico e culturale degli individui che permette ad essi di integrarsi nella società e contribuire al progresso civile e sociale, inteso in senso democratico. Egli si prefigge l’idea di educare alla cittadinanza.

Nel 1916 Dewey pubblica “Democrazia e educazione”, ovvero la sua opera più importante. In questo periodo, ovvero durante la prima guerra mondiale, Dewey assume una posizione politica netta a favore dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti, in quanto ritiene che il conflitto contro le autocrazie europee sia fondamentale affinchè si sviluppi maggiormente l’ideale social-democratico.

Estremamente significativo è un passaggio di “Democrazia e educazione”, in quanto spiega molto chiaramente la posizione di Dewey in proposito:

“Una democrazia è qualcosa di più di una forma di governo. É prima di tutto un tipo di vita associata, di esperienza continuamente comunicata.”

In sostanza si comprende come per Dewey la democrazia non sia intesa solo come forma politica che permette l’elezione dei rappresentanti dello stato basandosi sui principi di libertà ed uguaglianza; piuttosto la democrazia è uno stile di vita che permette di dirigersi verso il progresso sociale e morale (concetto di “democrazia sociale”).

Nella società democratica tutti i componenti sono partecipi, hanno la possibilità di prendere parte ai processi decisionali che li riguardano; la comunità è plasmata dai valori di uguaglianza e libertà. Nella visione di Dewey un riforma sociale in senso democratico si può verificare solo a partire dall’educazione dei singoli individui non in modo tradizionale, ma secondo il pensiero innovativo di Dewey: la sua scuola è condotta in un’atmosfera di libertà e permette di condividere la democrazia, che diventa parte integrante delle relazioni sociali dei bambini in modo tale che sia internalizzata dagli adulti del futuro.

Il suo pensiero si diffonde e riesce ad avere molto successo anche a causa del contesto in cui si sviluppa: è necessario trovare dei metodi pedagogici che si adattino allo sviluppo della società contemporanea caratterizzata dalla mobilità nelle gerarchie sociali. Per conseguire la circolazione delle sue idee, Dewey si impegna traducendo le proprie opere e tenendo conferenze e corsi in molti paesi del mondo, anche quelli considerati “periferici” ai suoi tempi, ossia Cina, Sudafrica e Messico. Nel secondo dopoguerra il suo pensiero raggiunge un apice di propagazione e contribuisce a dare un’impronta progressista alle scuole di quest’epoca; in Italia il principale sostenitore delle sue teorie è senz’altro Ernesto Codignola. Dal 1968 si verifica poi una minor adesione alle sue teorie in quanto l’ideologia in voga porta a preferire approcci pedagogici più libertari.  

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