1. I caratteri del movimento ermetico
L’Ermetismo si sviluppa in Italia negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta del Novecento, in particolar modo, a Firenze, città che si impone in quel periodo come capitale culturale d’Italia, poi Milano e Roma, intorno alle riviste “Il Frontespizio”, “Campo di Marte” e “Corrente”: queste ospitano significativi dibattiti sulla natura della poesia, prendendo in considerazione anche gli scrittori stranieri. La definizione di Ermetismo è coniata nel 1936 dal critico Francesco Flora (1891-1962) nel volume La poesia ermetica, in riferimento ad una corrente attiva soprattutto nel campo della poesia e della critica.
I poeti ermetici non costituiscono un vero e proprio movimento, ma condividono una precisa visione della poesia, che cerca di essere il più possibile indipendente da condizionamenti esterni e che raggiunga una comunicazione immediata con i lettori proprio perché vista come attività autonoma, astratta e pura. Alla parola poetica viene attribuito un valore salvifico perché essa può riportare all’innocenza e tra i temi più comuni, troviamo il silenzio, l’assenza, l’attesa. I poeti ermetici furono influenzati dalle lezioni del Simbolismo francese e del Surrealismo, ma anche dall’eredità del patrimonio letterario italiano (Giacomo Leopardi).
Dal punto di vista formale la poesia degli autori ermetici è caratterizzata dal verso libero; da un lessico prezioso costituito da parole allusive ed evocative; uno stile nominale che elimina i modi finiti dei verbi; da una tendenza accentuata per l’uso di latinismi, termini eruditi, analogie, sinestesie, enallagi; da una preferenza del plurale rispetto al singolare; da un uso libero delle preposizioni. Come possiamo notare, tali caratteristiche, sposano la poesia e non la prosa, motivo per cui non abbiamo una narrativa ermetica.
2. Salvatore Quasimodo
Salvatore Quasimodo, nasce a Modica nel 1901 da una famiglia di modeste condizioni economiche e si può considerare il caposcuola dell’Ermetismo. Frequenta scuole tecniche, infatti si diploma come geometra e nel 1919 si trasferisce a Roma, dove si iscrive a Ingegneria, ma nel frattempo studia anche lettere classiche. Nel 1926 viene assunto al Genio Civile di Reggio Calabria e dopo due anni dal trasferimento comincia a scrivere. Il matrimonio della sorella con Elio Vittorini è una fortuna poiché, in questo modo, Quasimodo si reca di frequente a Firenze e si inserisce negli ambienti letterari, dove conosce Eugenio Montale; nel 1934 si trasferisce a Milano: qui lavora come giornalista e dal 1941 insegna Letteratura italiana al Conservatorio Giuseppe Verdi, mantenendo l’incarico fino alla morte. Nel 1959 viene insignito del Premio Nobel per la letteratura; muore improvvisamente nel 1968 a Napoli.
Il suo primo volume Acque e terre, esce nel 1930 seguita poco dopo da Oboe sommerso (1932) e da Erato e Apòllion (1936): mentre la prima comprende liriche giovanili con echi simbolisti e dannunziani, con le due raccolte successive, Quasimodo si avvicina ai modi della scuola ermetica. Tra i temi fondamentali troviamo la nostalgia della terra natia, l’infanzia, il dolore e la solitudine esistenziale. Negli anni successivi si assiste ad un cambiamento: l’autore torna ai modi stilistici degli esordi con la sezione “Nuove poesie” della raccolta Ed è subito sera (1942); inoltre, i volumi intitolati Giorno dopo giorno (1947), La vita non è sogno (1949), Il falso e vero verde (1956), Dare e avere (1966) sono legati alla tragedia bellica personale e collettiva e alle difficoltà del dopoguerra. In questa fase, come possiamo notare, prevalgono i temi sociali e civili, mentre la scrittura è meno evasiva. Salvatore Quasimodo fu anche traduttore di poeti classici greci, in particolare ricordiamo le traduzioni dei Lirici greci del 1940, che rappresenta per lui una ricerca delle proprie radici, essendo originario della Sicilia.
3. Analisi del seguente testo
ED È SUBITO SERA
METRO: versi liberi.
TESTO
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
ANALISI
In una breve poesia, tratta dalla sua prima raccolta, Acque e terre, l’autore esprime un’amara visione della condizione esistenziale umana. Il motivo che domina i versi è quello della solitudine e della brevità dell’esistenza. Il poeta nel componimento allude al carattere illusorio ed effimero della gioia, che non dura e si trasforma in amarezza. Il tono della lirica è di tipo epigrammatico con un’articolazione sintattica elementare ed un linguaggio scarno ed essenziale.
v. 1 il cuor della terra rimanda al pulsare della vita (analogia). Inoltre, nel verso si veda l’allitterazionedella s in sta solo sul.
v. 2 il raggio di sole simboleggia la componente di dolore dell’esistenza umana (analogia); si veda anche l’uso del participio passato trafitto a conferma di questa immagine di dolore.
v. 3 la sera è analogia per morte.