1. La vita
Umberto Poli, che assumerà lo pseudonimo di Umberto Saba, forse un riferimento alle origini ebree (saba in ebraico significa pane) o forse come omaggio all’amata balia (il cui cognome è tradizionalmente riportato come Sabaz), nasce a Trieste nel 1883. Dopo aver frequentato il ginnasio, si iscrive all’Imperial-regia Accademia di commercio e nautica; successivamente viene assunto come apprendista da una ditta triestina. A vent’anni lascia la città di Trieste e soggiorna prima a Pisa e poi a Firenze, dove prende contatto con gli ambienti intellettuali della città e, in questi stessi anni, inizia a leggere Leopardi. Nel 1909, terminato il servizio militare a Salerno, torna a Trieste e sposa, con rito ebraico, Carolina Wölfler, la donna cantata con il nome di Lina nel Canzoniere. Nel 1911 pubblica a Firenze, a proprie spese, la prima raccolta di versi, intitolata Poesie, che non riceve particolare attenzione.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale Saba è a Milano dove viene impiegato in ruoli amministrativi, senza partecipare ai combattimenti; finita la guerra, torna a Trieste, compra una libreria antiquaria e stringe contatti con importanti letterati. Nel 1921, con il marchio editoriale della libreria, pubblica la prima edizione del Canzoniere, che comprende tutte le liriche scritte fino a quel momento. Dopo la morte della mamma, per il poeta comincia un periodo difficile a causa delle crisi nervose, manifestatesi già negli anni della permanenza a Firenze, e intraprende un’analisi presso Edoardo Weiss (1889-1970), fondatore della Società italiana di psicanalisi.
Nel 1938, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, Saba cede la libreria e lascia Trieste; va prima a Parigi, nel 1945 a Roma (nello stesso anno esce la seconda edizione del Canzoniere), fugge a Firenze a Milano, per poi ritornare nella sua Trieste dove lo stato di salute del poeta peggiora a causa di una nevrosi di origine depressiva; d’altra parte giungono i primi importanti riconoscimenti: nel 1951 il premio dell’Accademia dei Lincei e nel 1953 la laurea honoris causa dell’Università di Roma. In questo periodo scrive anche un romanzo rimasto incompiuto e pubblicato postumo nel 1975, Ernesto, che affronta il tema dell’omosessualità e narra l’adolescenza e l’iniziazione sessuale di un giovane segnato, come Saba, da diversi traumi; nel 1956 pubblica con il titolo Ricordi-Racconti, una serie di racconti scritti tra il 1910 e il 1915. Muore a Gorizia nell’agosto del 1957.
2. Il pensiero e la poetica
Per Saba il compito del poeta è quello di scrivere “poesia onesta” sia dal punto di vista dei contenuti, sia dello stile e del lessico, aperto a registri diversi: da quello letterario a quello della vita quotidiana. La sua è una poetica di tipo antisimbolista, antidecadente e antinovecentista (opposta in particolar modo agli estetismi dannunziani). Egli punta alla chiarezza, semplicità e trasparenza e ritiene che il poeta debba rifarsi alla grande tradizione italiana (Dante, Petrarca, Leopardi), favorendo, però, un linguaggio meno aulico. Rimane fedele agli schemi strofici tradizionali, sonetto e canzone, che interpreta secondo lo schema “libero” leopardiano, rifiutando ogni forma di sperimentalismo; l’uso accurato della rima, dell’iperbato, dell’enjambement e della metafora confermano la poesia di Saba come colta.
Alla base della scrittura per il poeta c’è un conflitto irrisolto tra passato e presente e tra sé e gli altri: la scrittura è dunque vista come un modo per comprendere la propria interiorità, come se fosse un diario dove si alternano momenti di pesantezza ad altri di leggerezza; quest’ultimo aspetto, in particolare, è presente attraverso figure di fanciulli ingenui, di angeli, nuvole e colori dalle sfumature azzurrine. Per frugare dentro se stesso utilizza gli strumenti della psicanalisi (ricordiamo che l’autore conosce le teorie freudiane per scopo terapeutico nel 1929). Ad esempio, il romanzo Ernesto può essere definito un vero e proprio libro-confessione dove l’autore scruta la propria adolescenza, attraverso la figura del protagonista, per cercare di risolvere ciò che ancora è rimasto senza soluzione nella sua persona. Oltre a Freud, un momento di svolta nella sua poetica è anche la lettura di Friedrich Nietzsche, filosofo che, in Così parlò Zarathustra, aveva indicato la via per un’esistenza pervasa da leggerezza e gioia.
3. Il canzoniere
Con la pubblicazione del Canzoniere (chiaro intento di rendere omaggio a Petrarca) nel 1921 Saba stabilisce sin da subito il suo stile originale, a cui resterà sempre fedele nel rivedere, correggere, modificare le diverse sezioni, cambiare l’ordine interno delle poesie e ampliare la raccolta per le due edizioni successive (del 1945 e quella definitiva del 1961). La raccolta è divisa in tre volumi, che corrispondono alle tre stagioni della vita (giovinezza, maturità e vecchiaia), e che comprendono rispettivamente le liriche degli anni 1900-1920, 1921-1932, 1933-1954.
Si tratta di un’opera autobiografica, le cui poesie cantano l’esistenza nella sua dimensione concreta e quotidiana, scritta come se fosse un diario in cui cerca di fissare dei punti fermi. L’opera è raccontata come se fosse un romanzo, i cui personaggi sono: la nutrice, la madre, la zia, i compagni di scuola, il padre, la moglie, “gli altri”. Il tema fondamentale di tutta l’opera è la memoria con i diversi nuclei a questo tema correlati, come, ad esempio, la ricostruzione dell’infanzia, il conflitto padre-madre, l’amore per la moglie Lina, il rapporto con i luoghi, in particolare con quelli della sua città natale, Trieste: il molo, la zona collinare, le vie, il porto. Tra i temi, troviamo anche l’esclusione dal mondo e dagli altri che è un topos della letteratura e un’apertura verso le sofferenze altrui (in particolare Saba mostra vicinanza in alcune liriche al popolo ebraico). Tra la fine del 1944 e il 1947, Saba scrive un commento della propria opera poetica dal titolo Storia e cronistoria del Canzoniere, in cui il poeta si fa interprete di se stesso svelando le occasioni compositive e chiarendo i riferimenti ad episodi e stati d’animo (esempio unico nella letteratura italiana del Novecento).
Dal punto di vista metrico l’opera è basata sui metri tradizionali, in particolare endecasillabi e settenari e non usa mai il verso libero. Dal punto di vista linguistico, invece, le forme auliche si fondono con quelle colloquiali; la scrittura si fa più evocativa e la parola diventa allusiva.
4. Saba e la prosa
L’attività di prosatore possiamo collocarla a partire dal 1910, quando scrive una serie di racconti narrativi, caratterizzati da uno stile a tratti fiabesco, che saranno raccolti in volume e pubblicati nel 1956 con il titolo Ricordi-Racconti. Anche qui, fra i temi, troviamo la memoria, la sofferenza causata del popolo ebraico e il difficile rapporto con la madre.
Nel 1946 esce invece la raccolta Scorciatoie e raccontini, che presenta brevi testi (165) scritti l’anno precedente a ridosso della guerra. Il genere di questi scritti tende a sembrare un aforisma in chiave ironica e tagliente su temi sociali, politici, culturali e letterari. In questi scritti emergono le posizioni di Saba “dettate” dalle dottrine di Freud e di Nietzsche.
Infine, Ernesto è un romanzo scritto nel 1953 ma rimasto incompiuto e pubblicato nel 1975, di genere autobiografico, dal momento che, il protagonista è un ragazzino di sedici anni di Trieste che, abbandonato dal padre, vive solo con la madre e vive una relazione omosessuale con un giovane ventottenne. Ernesto supera la sua fase omosessuale e il romanzo si interrompe proprio nel momento in cui il ragazzo incontra un giovane della sua età, Ilio, studente di musica. Il protagonista è una sorta di alter ego del poeta, che ancora una volta scava nel proprio passato e su quanto ancora di irrisolto c’è nella sua vita.