1. La vita e il corpus di Luciano
Luciano di Samosata è uno straordinario rappresentante della cultura cosmopolita del II secolo, in cui la civiltà ellenica entra in contatto con elementi della cultura orientale. Luciano nacque tra il 119 e il 126 d.C. a Samosata, in Siria; svolse la sua formazione presso i sofisti dell’Asia Minore: questo gli assicurò la padronanza della lingua e della letteratura greca, al punto che fu un avvocato di successo. Infine, fu funzionario imperiale in Egitto fra il 173 e il 176, mentre morì dopo il 180.
La produzione letteraria di Luciano comprende circa 85 scritti di vario tema (testimonianza della sua versatilità): di carattere sofistico alcune esercitazioni retoriche come Il tirannicida e l’Encomio della mosca; otto prolaliai, cioè brevi preamboli, come gli scritti intitolati Lo scita e Dioniso; alcune descrizioni di opere artistiche come Ippia; conferenze epidittiche come Del non credere facilmente alla calunnia e Il giudizio delle vocali (un’accusa del sigma contro il tau davanti al tribunale delle vocali).
Alcuni opuscoli sono brevi trattati in forma di epistola: significativo è Come si deve scrivere la storia, che elogia la libertà dello storico in polemica con i panegiristi di Lucio Vero all’epoca della seconda guerra dei Romani contro i Parti (161-166).
Il dialogo è la forma maggiormente utilizzata da Luciano: egli stesso afferma di aver preso il dialogo filosofico, ormai poco gradito al pubblico, e di averlo rivitalizzato accoppiandolo con la commedia: il rinnovamento del dialogo tradizionale con la presenza dell’elemento comico genera flessibilità. Si va dai contenuti filosofici (l’Ermotimo, ad esempio, passa in rassegna le varie scuole filosofiche con ironia e distacco) ai temi morali, dalla raffigurazione di tipi umani (Vendita di vite all’incanto, Il parassita o la parassitica è un’arte, Anacarsi o la Ginnastica, Timone o il misantropo) alla rappresentazione ironica del mondo divino, soprattutto nei ventisei Dialoghi degli dèi e nei quindici Dialoghi marini. Un tono più amaro caratterizza i trenta Dialoghi dei morti, che riguarda la realtà ultraterrena. Nei quindici Dialoghi delle cortigiane, richiamando situazioni tipiche della commedia di Menandro, Luciano delinea un vivace profilo sociale di un’Atene fuori dal tempo, in cui domina la corruzione e la prostituzione.
Ci sono giunte, infine, due opere narrative: la Storia vera, in due libri, è una parodia degli autori che parlano di argomenti di fantasia, dove Luciano dichiara, in opposizione ad autori come Ctesia, Erodoto e Omero, di aver scritto un racconto falso ed evasivo; l’altro è il breve romanzo intitolato Lucio o L’asino, in cui il protagonista si trasforma in asino invece che in uccello e dopo varie sventure recupera la forma umana. Lo stesso tema fu ripreso dallo scrittore latino Apuleio nelle Metamorfosi o l’Asino d’oro ed era raccontato in un’opera perduta di un tale Lucio di Patre; l’ipotesi più verosimile sembra che Lucio di Patre, un sofista contemporaneo a Luciano, abbia scritto un lungo romanzo di cui Lucio o L’asino attribuito a Luciano sarebbe un semplice riassunto.
2. La visione laica e razionalistica
Gli intellettuali della Seconda Sofistica, a cui Luciano aderisce, erano professionisti della paideia, ossia dell’educazione, i quali credevano che solo la cultura potesse dare i mezzi per resistere alla corruzione, alla severità del dominio politico e pensavano che la libertà fosse caratteristica solo degli uomini colti. Il loro vero ideale era la libertà del pensiero, anche perché, dal momento che erano schiavi dei dominatori romani, ritenevano che, solo grazie a questa, fosse possibile resistere al potere e mantenere autonomia e capacità di giudizio. Luciano vuole trasmettere questo messaggio con i suoi discorsi, ma con “leggerezza”, cioè raccontando situazioni e creando personaggi che facciano divertire il lettore, prima ancora di insegnare. Luciano, divenuto poi autore per la scuola, è stato inoltre un “nemico” di tutte le scuole, dubitando di tutti i sapienti e opponendosi all’autorevolezza di molti intellettuali; per lui la cultura è spirito critico, acutezza di sguardo, capacità di sezionare il reale, evitando di credere alle tante falsità.