11. Giuseppe Ungaretti

1. La vita

Giuseppe Ungaretti nasce l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori di origine lucchese. La sua formazione letteraria avviene soprattutto studiando i testi di Baudelaire, Mallarmé e D’Annunzio. Nel 1912 si trasferisce a Parigi, dove si iscrive alla Sorbona e frequenta le lezioni di Henri Bergson; si inserisce nel clima culturale ed entra in contatto con gli esponenti del movimento artistico d’avanguardia. Nel 1915 pubblica i primi versi sulla rivista futurista “Lacerba” e subito dopo decide di tornare in patria per arruolarsi volontario come soldato semplice nella Prima guerra mondiale. Dalla terribile esperienza vissuta sul Carso nascono le poesie edite nel 1916 sotto il nome di Il porto sepolto. Alla fine del conflitto ritorna a Parigi e dà alle stampe Allegria di naufragi; inoltre, avvia una collaborazione con periodici culturali italiani e francesi. Nel 1920 Ungaretti si sposa con una giovane ragazza francese, Jeanne Dupoix, da cui avrà due figli e che gli sarà vicina fino al 1958, quando lei morirà per una grave malattia. 

Nel 1921 si trasferisce a Roma, dove trova lavoro presso il ministero degli Esteri; l’anno successivo aderisce al fascismo e per far fronte alle varie difficoltà economiche avvia un’intensa collaborazione giornalistica che lo vede impegnato nelle vesti di corrispondente del quotidiano “La Gazzetta del Popolo”. Nel 1931 pubblica L’Allegria dove confluisce la sua produzione giovanile e nel 1933 il Sentimento del tempo che segna il passaggio alla seconda fase della poetica ungarettiana. Nel 1936 si trasferisce con la famiglia a San Paolo del Brasile dove rimarrà fino al 1942, accettando la cattedra di Lingua e letteratura italiana. Questo per Ungaretti sarà un periodo funestato dai lutti familiari (morte del fratello e del figlio Antonietto) che porteranno all’elaborazione di una nuova stagione poetica con la raccolta Il dolore, pubblicata nel 1947. Nel 1942 torna in Italia e prende servizio come docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma e nello stesso anno viene nominato Accademico d’Italia. In questo stesso anno pubblica l’edizione definitiva dell’Allegria e, l’anno successivo, del Sentimento del tempo; nel 1950 La terra promessa e nel 1952 Un grido e paesaggi. Nel 1962 viene eletto presidente della Comunità europea degli scrittori; in questo periodo tiene lezioni in varie università e riceve la laurea honoris causa dall’ateneo di San Paolo. Nel 1969 raccoglie tutta la sua produzione poetica sotto il titolo di Vita d’un uomo; nel 1970 mentre si trova a New York viene colpito da una broncopolmonite e, rientrato in Italia, muore a Milano il primo giugno 1970.

2. Il pensiero e la poetica

Ungaretti è una delle voci più importanti della poesia del Novecento. Interpreta il bisogno di rinnovamento che permea la cultura d’inizio secolo, ricollegandosi alla lezione della poesia decadente e simbolista europea ed elaborando, nello stesso tempo, una poetica originale di cui le caratteristiche più importanti sono: la riflessione autobiografica alla base dell’intera produzione (motivo per cui la raccolta finale delle sue opere prende il titolo di Vita d’un uomo) ed una poesia intesa come tensione a cogliere il segreto dell’essere dietro cui si cela la difficoltà della scoperta di una verità profonda, ma soprattutto una poesia a cui spetta la funzione di comprendere la sofferenza, testimoniarla e offrire conforto. In Ungaretti la dimensione dell’essere umano è vista in tutta la sua precarietà e grazie alla parola il poeta può ritrovare se stesso e rintracciare le proprie origini attraverso la dimensione del ricordo e il dolore sperimentato in prima persona; alla parola spetta il compito di esprimere l’eterno: il linguaggio poetico, simbolico, allusivo ed evocativo ha il compito privilegiato, quasi sacro, di cogliere l’essenza più autentica e svelare il senso nascosto delle cose. 

Ungaretti ricorre spesso alla metafora del viaggio dove la sua meta consiste nella scoperta della condizione elementare dell’uomo grazie ad “un viaggio” nella propria interiorità: egli sfrutta la propria vicenda come occasione per riflettere sui grandi temi universali; il male del singolo si allarga a rappresentare una condizione valida per tutti. La dialettica tra sosta e viaggio costituisce uno dei nuclei fondamentali della poetica ungarettiana: il poeta che come un nomade raggiunge sempre nuove mete provvisorie, se pur aspira a un luogo in cui mettere radici. L’attività poetica di Ungaretti è caratterizzata da un continuo ritorno sui testi, che sono sottoposti a continue revisioni e correzioniprima di raggiungere l’aspetto definitivo: ad esempio, quando riorganizza le sue poesie nel volume Vita d’un uomo, interviene sui testi e modifica, talvolta, l’assetto delle singole raccolte. 

3. L’allegria

La raccolta è articolata in 5 parti: Ultime che comprende i testi più antichi, Il porto sepolto, il cui titolo rimanda alla città natale, Alessandria d’Egitto, Naufragi e Girovago, che contengono poesie che parlano dell’esperienza vissuta durante la guerra e Prime dove troviamo poesie composte dopo la fine del conflitto. La raccolta contiene complessivamente 74 poesie, scritte tra il 1914 e il 1919, collocate in modo da rispettare sostanzialmente l’ordine cronologico. La raccolta, che riunisce i componimenti delle prime due raccolte di Ungaretti, Il porto sepolto Allegria di naufragi, porta un titolo che allude al desiderio di sottrarre l’esistenza all’usura del tempo e alla morte, che provano ad avere la meglio sulla felicità della vita.

Il tema fondamentale della raccolta è costituito dalla guerra: le liriche sono disposte come in una sorta di diario di guerra, dal momento che, per ogni testo sono indicati luogo e data di composizione. La tragedia di cui egli è testimone vivo, non lo porta ad estraniarsi, al contrario, la parola trova concretezza nella storia, è immersa nella storia donando salvezza contro la sofferenza. Correlato al tema della guerra, c’è l’urgenza di riconoscersi fratelli, l’identità comune che elimina le differenze, ma anche l’attaccamento alla vita dettato da un’esistenza labile sul fronte. 

A livello stilistico la raccolta è caratterizzata da una forte sperimentazione: un linguaggio essenziale, talvolta incentrato sulla singola parola, la cui funzione è quella di svelare il valore assoluto ed evocativo del vocabolo utilizzato (queste poesie si basano sull’uso del “versicolo”, cioè di un verso ridotto alla misura di una singola parola); ancora, da una sintassi elementare e semplice, spesso nominale; infine, troviamo anche la soppressione dei verbi reggenti, delle congiunzioni e della punteggiatura, sostituita dallo spazio bianco, ma anche un uso cospicuo dell’analogia, intesa come illuminazione istantanea. 

4. Sentimento del tempo

La raccolta, divisa in sette sezioni (delle quali la prima riprende il titolo Prime, di quella che chiudeva L’allegria) fu pubblicata nel 1933 e nel 1936, uscì in veste definitiva solo nel 1943 e conta 70 liriche, per essere poi inclusa nel volume complessivo Vita d’un uomo. Tutte le poesie

Il poeta nella raccolta delinea paesaggi di monti, alberi, boschi, tra questi in primo piano abbiamo il lago di Albano, Tivoli e le sue ville; uno sfondo “esclusivo” è anche costituito dalla città di Roma: un punto di riferimento importante per la stesura di Sentimento del tempo è, infatti, la poesia barocca europea (che vede nella Roma di inizio Novecento il suo fulcro; Roma è la città di Michelangelo, da dove, secondo il poeta, è nato il Barocco) che fa riemergere nel poeta il “sentimento dell’eterno” e fa riflettere sul senso di grandiosità in rovina. Il nucleo tematico più importante è lo scorrere del tempo, anche le immagini della natura esprimono lo scorrere delle stagioni fino a prefigurare una futura fine del mondo, ed è un tema che sfocia anche nella meditazione sulla morte. Ancora, abbiamo il tema della memoria, che pone l’uomo di fronte all’assenza di ciò che non c’è più, importante si dimostra qui la lezione appresa da Henri Bergson sul concetto di durata e che Ungaretti applica al linguaggio: la parola non vive solo nella dimensione del presente, ma è espressione di una storia di cui mantiene la memoria. Infine, un altro motivo centrale è quello religioso, vissuto come contrasto tra peccato e ansia di redenzione (questo motivo è correlato alla conversione alla fede cristiana che Ungaretti vive nel 1928).  

A livello stilistico nella raccolta assistiamo ad un recupero delle strutture sintattiche con subordinazioni, anafore, chiasmi, inversioni e un recupero delle forme metriche tradizionali(soprattutto endecasillabo e settenario); il ritmo è più ampio e disteso; ricompare la punteggiatura, elemento stilistico che dona alla parola valore allusivo e indeterminato e il lessico è più letterario e prezioso: in questi anni Ungaretti legge soprattutto Petrarca e Leopardi, che spingono l’autore verso una posizione al limite fra classicità e modernità.   

5. Analisi dei seguenti testi

SAN MARTINO DEL CARSO da L’allegria 

METRO: versi liberi di varia misura.

TESTO

Valloncello dell’Albero Isolato* il 27 agosto 1916

Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

È il mio cuore

il paese più straziato

ANALISI

San Martino del Carso, contenuta all’interno della sezione Il porto sepolto, mette in luce un soggetto lirico che osserva un paese devastato dalla guerra. Tale è il cuore del poeta, distrutto dalla pena e dallo sconforto per i compagni perduti. Negli ultimi due versi, infatti, il poeta constata che è il suo cuore “il paese più straziato”. I due piani, quello esterno e quello interiore, subentrano l’uno all’altro.   

Valloncello dell’Albero Isolato la località prende il nome da un gelso che segnava il confine tra i territori controllati dall’esercito austro-ungarico e da quello italiano; sarebbe la sola pianta rimasta in piedi sul campo di battaglia. 

v. 1 queste case si riferisce a quelle del paese di San Martino del Carso.

v. 4 brandello di muro cioè frammento, maceria. Immagine metaforica del cadavere dalla carne strappata.

vv. 5-6 Di tanti… mi corrispondevano: si tratta dei compagni di guerra, gli affetti. I «tanti» del v. 5 si oppone al «neppure tanto» del v. 8, che si riferisce a “neppure quei brandelli che invece sopravvivono dei muri”. 

v. 12 straziato: distrutto, afflitto.

le corrispondenze strutturali entrambe le quartine si aprono con i partitivi e presentano la stessa voce verbale «non è rimasto»; sul piano formale nelle prima due strofe abbiamo prima i complementi e poi i soggetti (inversione); le ultime due strofe si aprono con la congiunzione avversativa «ma», che segna il passaggio alla sfera interiore.

IL PORTO SEPOLTO da L’allegria 

METRO: versi liberi di varia misura.

TESTO

Mariano* il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta

e poi torna alla luce con i suoi canti

e li disperde

Di questa poesia

mi resta

quel nulla

d’inesauribile segreto

ANALISI

Questa è la seconda poesia della sezione del Porto Sepolto, alla quale dà il titolo. Questo componimento costituisce una vera e propria dichiarazione di poetica. Dopo la dedica a Moammed Sceab contenuta nel componimento d’apertura In memoria, si passa ad una riflessione sulla natura della scrittura poetica, concepita come un “viaggio” nella profondità del proprio io, dove al poeta spetta il compito di raggiungere il senso ultimo delle cose (il poeta palombaro) e condividerlo, senza però svelare il “segreto” che resta indecifrabile; la poesia, infatti, fa luce in primis in se stessi.

Mariano Mariano del Friuli, nei pressi di Gorizia, qualche chilometro a nord della linea dell’Isonzo.

v. 1 Vi: nel porto.

v. 2 torna alla luce sta per “rinasce”.

v. 3 li disperde sta per “li offre”.

v. 5 mi resta esprime un movimento opposto rispetto al v. 3: la poesia è discesa nella profondità dell’essere. Il verbo fa riferimento anche a ciò che resta segreto e indecifrabile, una volta raggiunta la dimensione più profonda dell’essere.

v. 6 nulla è in ossimoro con «inesauribile» del verso successivo. Si veda inoltre l’uso del dimostrativoquel che riprende «questa» del v. 4 (forte si rivela la lezione leopardiana e in particolare della lirica L’infinito).  

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