1. Oratoria e retorica

1. Terminologia e genere

Si definisce oratoria, l’arte di scrivere e pronunciare un discorso e differisce dalla retorica, insegnamento dell’oratoria. L’oratoria (ῥητορικὸς λόγος, rhetorikòs lògos) divenne uno dei tre grandi generi della letteratura greca, accanto alla filosofia (φιλοσοφικὸς λόγος, filosofikòs lògos) e alla storiografia (ἱστορικὸς λόγος, istorikòs lògos).

Per quanto riguarda i generi, esiste l’oratoria giudiziaria, politica ed epidittica. Mentre le prime due sono occasionali e legate a un ambiente preciso – il tribunale, l’assemblea – l’oratoria epidittica è detta di lode e di biasimo: ricorreva, infatti, in occasione della commemorazione dei caduti, al fine di celebrare il defunto, e ad un pubblico generico per dimostrare l’eccellenza di una cosa o di una persona. Erano occasioni importanti in cui mettersi in mostra per acquisire notorietà: in molti casi gli spettatori giungevano più per il discorso dell’oratore, che sarebbe dovuto essere argomento di discussione nei giorni a seguire, che per l’evento in sé.

2. Le origini

I primi manuali di retorica risalgono al V secolo a.C., quando i siracusani Corace e Tisia composero un manuale che fosse d’aiuto a coloro che, dopo la caduta del tiranno Trasibulo nel 466 a.C., volevano riottenere i propri beni sequestrati. L’origine dell’oratoria risale però a tempi molto più antichi: i poemi omerici costituiscono un exemplum in tal senso e non a caso lo stesso Omero veniva indicato in alcuni casi come il padre dell’oratoria. Nell’Iliade, si sottolinea come il popolo intervenisse con passione in una disputa nata davanti al tribunale di anziani per banali motivi di interesse; nell’Odissea, l’eloquenza è definita invece come un dono di Dio.

Si individuano due momenti dell’oratoria: la prima stagione, che risale al V secolo a.C. (momento in cui l’oratoria nasce come genere letterario vero e proprio), e la seconda stagione, che risale al IV secolo a.C.

3. Il Canone dei dieci oratori

Il Canone alessandrino, nome dato ad un elenco di scrittori greci che i grammatici alessandrini individuarono come “padri dei rispettivi generi”, ci lascia in eredità il nome di dieci grandi oratori o logografi, tutti di provenienza attica.

  • Antifonte, il primo di cui i discorsi siano stati pubblicati;
  • Andocide, un oratore “dilettante” in quanto i suoi discorsi riguardano la sua vita;
  • Lisia, specialista in cause giudiziarie;
  • Isocrate, logografo e poi insegnante di retorica in una scuola, da cui uscirono oratori e storici di grande valore;
  • Iseo, specialista in questioni riguardanti le eredità;
  • Eschine, avversario di Demostene;
  • Licurgo di Atene, avversario di Filippo II di Macedonia;
  • Demostene, che usò l’eloquenza a sostegno delle sue convinzioni politiche;
  • Iperide, avversario di Filippo II di Macedonia, come Demostene;
  • Dinarco, logografo filomacedone.

4. L’oratoria giudiziaria: Lisia

La fama di Lisia tra gli antichi e i moderni è prevalentemente legata alle orazioni giudiziarie: la tradizione antica conosceva 425 discorsi attribuiti a Lisia, appartenenti a tutti i generi dell’oratoria, di cui 233 erano considerati autentici; oggi restano 34 orazioni, non tutte autentiche, e molti frammenti.

L’Apologia per l’uccisione di Eratostene fu scritta per il contadino Eufileto, citato in giudizio per avere ucciso Eratostene di Oe accusato di adulterio. Tutta la difesa è tesa da un lato a dimostrare la bonarietà e la totale mancanza di sospetti di Eufileto.

Uno dei discorsi più vivaci e movimentati è pronunciato da un ateniese contro un tale di nome Simone (Contro Simone): l’oggetto di contesa è un giovinetto, Teodoto, amante dell’ateniese, ma che Simone rivendica per sé sulla base di un contratto di 300 dracme; l’ateniese punta la difesa sull’incredulità di fronte all’arroganza di Simone.

Un altro scorcio di vita sociale è presente nell’orazione, Per l’invalido. Un cittadino ateniese si difende dall’accusa di percepire illegalmente un sussidio concesso dallo Stato per una sua menomazione fisica; l’orazione si distingue per la vivacità della difesa.

Merita uno spazio a parte, il discorso di impronta politica, Contro Eratostene, uno dei Trenta Tiranni, pronunciato da Lisia in persona per ottenere la condanna del responsabile della morte del fratello Polemarco. La ricostruzione dei fatti viene attuata con uno stile sobrio, veloce, che scandisce le crudeltà dei Trenta Tiranni; le loro colpe sono rappresentate in un crescendo, che ha come oggetto la drammatica persecuzione contro i meteci di Atene, la perquisizione della casa di Lisia, la sua fuga da Atene e la sentenza di morte contro Polemarco. I fatti risalgono al 404-403 a.C., ma non si sa con precisione quando avvenne il processo; grazie all’orazione, è possibile ricostruire i momenti più drammatici del governo dei Trenta, periodo tra i più bui della storia della Grecia e di Atene nello specifico.

5. L’oratoria deliberativa: Demostene

L’oratoria deliberativa o politica è tipica delle assemblee e ha l’obiettivo di persuadere e dissuadere. L’insieme degli scritti attribuiti a Demostene si compone di 61 discorsi (non tutti autentici), 56 proemi (cioè esordi di orazioni), 6 Lettere e frammenti. Benché la fama dell’oratore sia legata prevalentemente all’oratoria deliberativa, solo 16 sono i discorsi tenuti dinanzi all’assemblea, mentre prevalgono numericamente le orazioni giudiziarie: tra queste se ne deve citare una spuria, la Contro Neera.

Altre preziose testimonianze, di tenore politico, provengono dalle demegorie demosteniche: per esempio l’orazione Sulle simmorie, del 354 e i discorsi Per i Megalopolitani e Sulla libertà dei Rodii. Ma, tra le demegorie, più importanti sono quelle contro Filippo, Filippiche, assurte a modello di oratoria deliberativa presso i retori successivi, anche latini (si pensi alle Filippiche di Cicerone contro Antonio). Esse si inseriscono in un contesto di discussione politica ad Atene tra due fazioni contrapposte: quella moderata e filomacedone, comprendente oratori come Eschine, Demade e Dinarco, e quella antimacedone, in cui si riconoscevano figure come Demostene, Iperide e Licurgo. La Prima Filippicafu pronunciata nel 351 o nel 349, nel corso di un’assemblea in cui Atene doveva deliberare sulla politica da fare in risposta all’azione militare di Filippo, penetrato in Tessaglia e fermato da Spartani e Ateniesi alle Termopili; Demostene cerca di invitare i suoi concittadini a reagire alla minaccia del re macedone. La Seconda Filippica (344) attacca Filippo per le sue violazioni della pace di Filocrate e mette in guardia gli Ateniesi dal suo spirito imperialista, esortandoli ad agire. La Terza Filippica (341) è considerata un capolavoro dell’antichità: mentre Filippo minaccia il Chersoneso, l’Eubea e Bisanzio, Demostene si scaglia contro gli indifferenti Greci, criticando le póleis per l’incapacità di una politica estera non coordinata. L’oratore riuscì a vincere l’apatia degli Ateniesi; Bisanzio e l’Eubea si allearono con Atene e Tebe aderì alla coalizione antimacedone: fu il suo più grande successo politico, che tuttavia sfociò nel disastro di Cheronea del 338. La Quarta Filippica, probabilmente dello stesso periodo, ripropone i ricorrenti motivi della polemica antimacedone.

Le tre Olintiache furono pronunciate nel 349, subito dopo l’aggressione di Filippo a Olinto, principale città della penisola Calcidica. Nella Prima Olintiaca Demostene chiede che venga inviato immediatamente un contingente per difendere la città. Nella Seconda Olintiaca le parole contro Filippo sono veementi e aggressive sul piano personale: il re macedone è un uomo «spergiuro», «infido» e «vile».  L’oratore è convinto che il popolo macedone sia ormai stanco di guerre volute dall’ambizione di un solo uomo e destinate a produrre solo rovina e morte. La Terza Olintiaca è ancora una durissima invettiva contro Filippo, ma anche un’accusa della politica di temporeggiamento che ha relegato Atene in una posizione secondaria.

6. L’orazione epidittica: Isocrate

Gli antichi conoscevano 60 orazioni attribuite a Isocrate, ma alcuni ne consideravano autentiche una ventina soltanto; la maggior parte è di tipo epidittico e politico.

Tra le orazioni epidittiche, la più antica è quella Contro i Sofisti, datata intorno al 390 a.C., cioè all’epoca in cui Isocrate inaugurò la sua scuola; si tratta di un testo molto importante per la nostra conoscenza del metodo d’insegnamento di Isocrate. L’insegnamento prevede una continua lettura e riflessione insieme al maestro, che guida gli allievi alla comprensione dei testi e propone dei modelli da imitare. Nell’ambito dell’oratoria epidittica si devono ricorda ancora due discorsi: l’Encomio di Elena, in cui c’è una polemica contro Gorgia sul ruolo di Elena come eroina e il Busiride, elogio del re egiziano sacrificatore di vittime umane e ucciso da Eracle.

La concezione civile e culturale di Isocrate trova espressione nelle orazioni politiche: tra le più significative c’è il Panegirico, scritto nell’arco di circa quindici anni e reso pubblico nel 380 a.C., in occasione delle Olimpiadi. L’oratore riprende motivi di esaltazione ateniese già presenti nei discorsi Olimpici di Gorgia e Lisia: il suo intento è quello di assumerli a modello ed emularli, per dimostrare la propria superiorità. Anche Isocrate considera la concordia tra le pòleis greche una necessità per contrastare la Persia, nemica storica dell’Ellade, ma vorrebbe vedere riconosciuta ad Atene l’egemonia sugli Stati greci. L’Areopagitico, datato al 355 a.C. o al 354 a.C., invece, è l’unico discorso isocrateo su temi di politica interna ateniese.

L’orazione Sulla pace fa riferimento alle vicende della guerra sociale (357-355), che vide la ribellione di molti alleati all’egemonia ateniese. Il Filippo, dedicato al re di Macedonia, è del 346 a.C., scritto immediatamente dopo la pace di Filocrate fra Atene e i Macedoni; Isocrate si rivolge a Filippo come possibile guida di una confederazione di Stati greci volta a ristabilire in Grecia la concordia.

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