1. Introduzione: cos’è la cultura?
Dare una definizione di cultura è molto complesso, e può essere esemplificato tramite il racconto di colonizzatori spagnoli che nel 1568 raggiunsero per nave le isole Salomone per la prima volta. I marinai spagnoli e la popolazione locale decisero di scambiarsi dei beni: i marinai cedettero i loro copricapi in cambio di alcuni ornamenti arricchiti da pietre di colore dorato. I colonizzatori consideravano i propri cappelli di poco valore, ma le pietre dorate simbolo di ricchezza; gli Aré’Aré consideravano le proprie pietre poco preziose, in quanto costituite da un materiale ferroso di scarso valore, ed i copricapi invece simbolo di potere, perché simili a quelli dei loro capi villaggi. L’antropologo Ugo Fabietti commenta così la vicenda:
“Illustra” … “ciò che accade quando due comunità che non si conoscono entrano per la prima volta in contatto: leggono la novità in base a «schemi mentali» già noti. Spagnoli e Aré’Aré percepivano rispettivamente la novità in base a ciò che per loro erano delle «verità culturali consolidate» e ben sperimentate: che l’oro rende ricchi e che i paramenti del capo procurano prestigio. Per questo essi si accostavano alla novità guidati da idee che, per le rispettive culture, erano al centro dell’attenzione: la ricchezza e il potere. Potremmo allora dire che una «cultura» è un complesso di idee, di simboli, di comportamenti e di disposizioni storicamente tramandati, acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero di individui, con cui questi ultimi si accostano al mondo, sia in senso pratico sia intellettuale.”
(Elementi di antropologia culturale, 2004)
Anche se è un concetto ostico da definire, la prima vera definizione scientifica del termine “cultura” risale al 1871, quando Edward Burnett Tylor pubblica la sua opera fondamentale “Primitive Culture”. Di questa prima definizione è importante sottolineare un concetto che ne deriva, ovvero: la cultura di una particolare società appartiene specificamente a coloro che nascono in quella particolare società; tuttavia la cultura può essere anche interpretata come il compimento di specifiche predisposizioni umane, quindi come concetto comune a tutta l’umanità.
2. Tradizione e modernità
Tradizione e modernità sono due concetti tra di loro contrapposti, che indicano rispettivamente, un concetto conservatore e uno progressista. Sono anche strettamente connessi tra loro, in quanto la modernità non potrebbe essere identificata tale, come innovazione, se non ci fosse una tradizione alla base da cui avviene un cambiamento. Quando tradizione e modernità entrano in contatto si produce un cambiamento sociale e culturale.
Il cambiamento è alla base di ogni società, in quanto queste strutture sono estremamente dinamiche e non statiche, per cui si tratta di un fenomeno naturale che procede di pari passo con il succedersi delle diverse epoche storiche. Da quando ha avuto inizio il processo della globalizzazione, tuttavia, il cambiamento sociale ha accelerato notevolmente, nonostante come evento in sé sia sempre esistito. La globalizzazione è un fenomeno che ha risvolti macro e microscopici in moltissimi ambiti: economico, politico, sociale, culturale, linguistico, religioso.
In antropologia “tradizione” significa restare legati a modelli culturali e comportamentali protratti nel tempo, tramandati da una generazione all’altra, permettendo così ad una parte del passato di persistere nel presente; spesso una tradizione è qualcosa che preserva l’identità collettiva. Molte tradizioni sono erroneamente percepite come statiche, ma sono in realtà dinamiche, soggette a continue trasformazioni. Altre ancora sembrano essere derivate da vere e proprie “invenzioni”, come spiegato nel saggio “L’invenzione della tradizione” (1983) di Hobsbawm e Ranger: queste derivano da una precisa selezione di alcuni aspetti del passato.
L’invenzione delle tradizioni ha un valore sociale ed antropologico. Diverse sono le motivazioni alla base di questa pratica, in quanto le tradizioni inventate:
- incoraggiano la socializzazione;
- legittimano istituzioni, gerarchie sociali o rapporti di autorità;
- stabiliscono la coesione sociale, l’appartenenza a comunità e gruppi, reali o artificiali;
incoraggiano l’inculcamento di credenze, valori sociali e culturali, codici convenzionali di comportamento.
Quando si parla di innovazione s’intende l’apertura verso prospettive future e verso l’introduzione di nuovi tratti culturali, che garantiscano l’evoluzione delle strutture mentali e comportamentali dell’uomo. Innovare vuol dire andare oltre la tradizione, fare qualcosa che risulta imprevedibile rispetto alle tendenze del passato.
Il rapporto innovazione/tradizione si palesa in tutte le macroaree: economia, politica, religione, sociologia ed è fondamentale che ci sia un equilibrio dinamico tra questi due concetti. Infatti, come afferma Treccani: “una tradizione che si dimostri incapace di un certo grado di elasticità interpretativa e che quindi escluda possibilità di innovazione rischia di cristallizzarsi in forme rigide, incapaci di far fronte alle sfide provenienti dall’ambiente.”
3. Diffusione, acculturazione, ibridazione culturale, multiculturalismo e intercultura
La cultura non è un’entità statica, ma anzi estremamente dinamica, in quanto si trasforma continuamente. Si possono riscontrare due principali cause di evoluzione culturale:
- interne: ad esempio quando si verifica un’invenzione che sconvolge profondamente lo stile di vita della società che scopre questa novità;
- esterne: ad esempio quando si incontrano delle culture diverse tra loro. Si tratta di un evento che ha sempre caratterizzato la storia dell’umanità e ovviamente porta ad integrare nuovi elementi culturali all’interno di una società.
I cambiamenti culturali possono avvenire sostanzialmente per diffusione o acculturazione. Per diffusione s’intende proprio il passaggio di elementi culturali, come informazioni e prodotti, che caratterizzano una determinata popolazione ad un’altra popolazione (eventualmente, e viceversa).
La diffusione può avvenire in modalità differenti:
- diretta: si verifica a seguito di un contatto diretto tra due culture, senza intermediari. Gli eventi che possono portare al contatto sono ad esempio guerre, matrimoni, commercio di beni;
- indiretta: si verifica a seguito di un contatto indiretto tra due culture, ovvero tramite un intermediario. Alcuni esempi sono lo scambio di merci attraverso più culture (in questo caso l’intermediario potrebbe essere la popolazione geograficamente situata tra le due culture protagoniste dello scambio), oppure la circolazione dei contenuti che si verifica sui new media (come i social network);
- forzata: si verifica quando una popolazione ne sottomette un’altra, e la popolazione sottomessa deve apprendere le norme sociali e culturali di quella dominatrice.
Diverso è invece il processo di acculturazione, termine utilizzato per la prima volta da John Wesley Powell, geologo ed esploratore vissuto nel diciannovesimo secolo che analizzò il modo in cui avvenivano gli scambi culturali tra le varie popolazioni americane e gli immigrati. Il sostantivo esprime un meccanismo di mutamento culturale che si verifica quando gli scambi avvengono in modo continuo. Un esempio di acculturazione è il “pidgin”, ovvero un tipo di linguaggio che si sviluppa quando due popolazioni entrano in contatto, per permettergli di comprendersi vicendevolmente.
Nella maggior parte dei casi in termine “acculturazione” è stato utilizzato per indicare l’”occidentalizzazione”, ossia l’influenza esercitata dai popoli occidentali sulle popolazioni indigene che vivevano nelle terre colonizzate. Infatti Claude Lévi-Strauss, antropologo francese del secolo scorso, definisce “acculturazione” il processo attraverso il quale una cultura dominante sovrasta una cultura subordinata (“Tristes tropiques”, 1955).
L’acculturazione può avvenire tramite modalità diverse:
- adattamento: si verifica quando si genera un nuovo equilibrio tra due culture che si incontrano. I tratti culturali vecchi e nuovi si uniscono e si crea così una nuova cultura originale;
- incorporazione: si verifica quando le culture di popolazioni sottomesse vengono inglobate all’interno della cultura della popolazione dominante;
- fusione (o assimilazione): si verifica molto raramente, quando due culture si uniscono a formare un solo sistema culturale;
- estinzione: si verifica quando i membri di una popolazione muoiono, e di conseguenza muore anche la cultura che gli apparteneva. Alcuni eventi a seguito dei quali si verifica l’estinzione sono i genocidi e le guerre.
Un concetto da ricordare: tutti gli esseri umani sono “acculturati”, non solo coloro che hanno ricevuto un elevato grado d’istruzione.
L’acculturazione non è un meccanismo che avviene in modo passivo, ma attivo, cioè ogni elemento culturale viene selezionato e poi respinto o accolto dalla popolazione che lo incontra per la prima volta. Esistono diverse sfaccettature del fenomeno dell’acculturazione, che dipendono dalla natura del contatto (come già detto, questo può avvenire anche a causa di eventi con significati opposti, come matrimoni o guerre) e dalla differenza di potere tra le popolazioni che entrano in contatto. Secondo molti studiosi gli elementi culturali che vengono trasmessi più facilmente sono quelli non simbolici, come i prodotti o le ricette, piuttosto che quelli simbolici, come le ideologie e le religioni.
Un noto studioso del fenomeno dell’acculturazione fu Roger Bastide, antropologo francese vissuto nel ventesimo secolo, che ne ha sottolineato la natura bidirezionale, ovvero sia la popolazione dominata sia quella dominante sono influenzate l’una dall’altra.
L’ibridazione culturale è un concetto difficile da spiegare, perché in realtà non esistono culture che non siano ibride, ovvero che non siano state influenzate da scambi, contatti e relazioni verificatesi nel corso dei secoli. Il termine indica la sintesi di tratti culturali diversi in una nuova cultura che origina dalla mescolanza di questi tratti; quindi è molto diverso da una mera somma di elementi culturali diversi. L’esempio classico di ibridazione culturale si riscontra nelle grandi metropoli abitate da persone che provengono da tutto il mondo. A volte il termine “ibridazione culturale” può essere sostituito da “melting pot”.
“La globalizzazione dell’Islam illustra anche l’ibridazione culturale. L’Islam si è adattato con successo alle molte nazioni e culture in cui si è diffuso, adottando stili architettonici, pratiche linguistiche e persino credenze religiose provenienti dalle culture ospitanti. Per esempio, sebbene le moschee (case di culto islamiche) condividano determinate caratteristiche (sono rivolte verso la Mecca e hanno elementi architettonici comuni), incorporano anche elementi architettonici e decorativi delle nazioni in cui sono erette.”
(“Antropologia culturale”, Conrad Phillip Kottak)
Ancora differente è il concetto di società multiculturale, che indica la presenza di individui aventi culture diverse che condividono la stessa città o paese. Al giorno d’oggi, è quasi ubiquitaria la presenza di società multiculturali e non sono un fenomeno peculiare della nostra epoca, in quanto i contatti e gli scambi tra popolazioni diverse sono sempre esistiti. Una società multiculturale integra le persone all’interno della cultura dominante ma anche all’interno della cultura etnica (ad esempio, i numerosissimi individui immigrati negli Stati Uniti mangiano cibo tipico americano e festeggiano il RIngraziamento o il Quattro luglio, pur mantenendo le proprie festività e abitudini culinarie). Le società multiculturali in moltissimi paesi del mondo sono in aumento, sia come numero sia come dimensioni. Già nel 1992 David Dinkins, allora sindaco di New York, definì la città come un “fantastico mosaico”.
Il termine multiculturalismo indica invece un orientamento politico e sociologico avente come scopo la tutela delle minoranze e la salvaguardia delle differenze culturali, religiose e linguistiche. Questo fenomeno ricerca svariati strumenti attraverso i quali persone appartenenti a culture diverse possano comprendersi, ma soprattutto tollerarsi vicendevolmente. Il multiculturalismo ha come obiettivo il riconoscimento e la protezione delle minoranze, in modo tale che tutte siano trattate con equità. Il dibattito a proposito delle società multiculturali e del multiculturalismo è nato nel Nord America, negli anni Settanta, per poi diffondersi anche nel resto dell’Occidente. Le politiche multiculturali possono essere più conservatrici o progressiste ed assumere quindi atteggiamenti diversi nei confronti delle nuove culture che entrano a far parte di un paese; c’è chi sostiene che non debba esserci assimilazione, e chi sostiene che sarebbe l’auspicio migliore.
Intercultura è un termine che fa riferimento alla sfera della formazione. L’educazione interculturale è un modello pedagogico che mira ad educare i giovani a vivere ed ambientarsi in società multiculturali e a promuovere il confronto ed il dialogo tra persone appartenenti a culture distinte. Nonostante la società sia sempre stata multiculturale in un certo senso, la pedagogia è arrivata a trattare questi concetti solamente nella seconda metà del Novecento negli Stati Uniti, e, ancora più tardivamente, in Europa.
“L’educazione interculturale può dunque essere definita come il progetto pedagogico sulla realtà multiculturale, la cui finalità è la promozione di una tutela e di un arricchimento reciproco a partire dallo scoprimento delle potenzialità dialogiche e di incontro con l’alterità.”
(Portera 2006; Milan 2007).
Si parla invece di atteggiamento multiculturale anche in ambito non educativo per indicare la volontà di costruire una società aperta mentalmente e progressista, alla cui base dovrebbe esserci la volontà di instaurare scambi e dialoghi tra persone con culture diverse. L’atteggiamento multiculturale presuppone la comprensione del fatto che la società multiculturale rappresenta un vantaggio inestimabile perché dà la possibilità di apprendere dall’altro e migliorarsi, e dovrebbe basarsi sul reciproco rispetto e su un’atmosfera di armonia e collaborazione.